martedì 25 gennaio 2011

Dalla fabbrica senza operai all'azienda senza capi?

In due miei post precedenti (1 e 2) avevo raccontato delle mie esperienze nella factory automation (e in quegli anni era anche trandy la voce office automation).
Abbiamo visto, e magari ci tornerò, che la factory automation, non ha dato i risultati che allora ipotizzavo: ancora morti sul lavoro, i nuovi lavori nel terziario non così qualificanti, la globalizzazione...

E ecco al titolo del post, volutamente provocatorio: in relatà io non ho nulla di social-proletario rivoluzionario velleitario che direbbe "licenziando un manager si salverebbe il posto a tanti operai..." e imitando baffone "quanta sensoristica serve per sostituire un manager?"   
Mi metto nei panni di un investitore: vorrei il massimo del ritorno dei miei investimenti. Mi accorgerei che probabilmente dovrei intervenire sul modello organizzativo, e questo non costerebbe nulla in termini di hardware (se non qualche libro o partecipazione a corsi). 
Un modello che mi pare interessante è  Martie the management model riportato nel libro  management3 0 di Jurgen Applelo, anche se devo ammettere, il libro non l'ho ancora letto.

Ritengo che il modello comando-controllo, possa andar bene per prodotti assodati ed immutabili o, forse, per gestire brevi emergenze. Ma si può produrre innovazione con un modello aziendale che si ispira all'esercito napoleonico?
Vi sono imprenditori che si appellano al principio di sussidiarietà nei confronti dello stato e della sua invadente burocrazia: è corretto, ma all'interno della loro realtà produttiva questo principio è implementato?


I manager rimarranno sempre, ma il loro ruolo sarà notevolmente diverso e, spero per loro, più interessante

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