Ho
terminato di leggere La Carrozza di Tutti di Edmondo De Amicis,
un libro che mi ha veramente esaltato!!
Non ho
mai letto nulla di Marc Augé, ma il suo neologismo non-luoghi, mi
aveva colpito molto:
Gran
parte di quello che, quando mi sveglio ricordo di aver sognato, avviene su
treni o stazioni ferroviarie, tram o fermate dei tram, parcheggi,
spogliatoi di palestre o piscine.
Quello
che trascorriamo nei non-luoghi è un non-tempo? Allora diventa una sfida stimolante dare
significato a questo tempo che comunque dobbiamo trascorrere!
In
una mia canzone cito nel ritornello “...nei non luoghi di Marc
Augé...”
De Amicis è
attratto dal tram a cavalli, su cui si incrociano, ma non per
incontrarsi a parte rare eccezioni, gente di tutte le età, di tutti
i ceti sociali - esclusi forse i super ricchi e gli estremamente
poveri privi anche di 10 centesimi - e di tutte le matrici culturali
e ideologiche.
Il suo non è un
lavoro da antropologo come Marc Augè, ma da scrittore. Dapprima
pensa che frequentando il tram, guardandone i passeggeri, captandone
racconti, potrebbe aver ispirazioni per personaggi e trame su cui
costruire le sue storie, un po' come nel film “Il Cammino perSantiago” voleva fare uno dei pellegrini.
Ci rinuncia.
Afferma poi che sarebbe interessante per ogni linea tranviaria,
allora gestite da due società diverse, fare una guida con monumenti
e luoghi notevoli lungo tale percorso. Rinuncia.
Si limita a
descrivere, per un anno intero, il 1896, mese per mese, i personaggi
e gli episodi delle sue corse tranviarie. Si lascia coinvolgere:
scrittore, non antropologo.
Esplicita la sua
antipatia o simpatia immediata per alcuni passeggeri, anche se poi a
volte si ricrede; le sue conversazioni; le sue considerazioni.
Nonostante certe
pagine un po troppo deamicisiane (eh ben, da De Amicis!) il
libro mi ha affascinato, oltre a quello che ho già detto sui
non-luoghi, anche perché sono un accanito torinese e mi piace vedere
la Torino com'era, con la sua toponomastica in certi casi cambiata
(Corso Oporto, Piazza Vittorio Emanuele I ...) e la sua a diversità
urbanistica rispetto ad oggi.
Nel linguaggio mi affascinano
certi termini e modi di dire “vintage” e mi piace l'inclusione, pur moderata, dei termini in
torinese, evidenziati graficamente in corsivo.
Bello il finale:
[...] mi disse con la sua voce cordiale: - Buon anno, monsù!
- Buon anno, Giors! - gli risposi.
Egli parve colpito dall'accento con cui gli feci quel saluto. Mi guardò, e poi mi rispose la parola che da molto tempo ripeto sempre, e che mi pare la più dolce e la più sapiente delle parole umane: - Speriamo!
Sì, mio buon Giors: speriamo!